Di Donatella Turri*
Dopo il successo della prima edizione nel 2022, la Fondazione per la Coesione Sociale in collaborazione con il Centro di Ricerca Maria Eletta Martini, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, Soecoforma Agenzia Formativa e la Provincia di Lucca – Distretto di economia civile ha proposto una nuova edizione del corso di formazione “Collaborare si può. Idee e strumenti di co-programmazione e co-progettazione per lo sviluppo locale“.
L’iniziativa ha potuto contare anche sul patrocinio di Cesvot e di Confcooperative Toscana Nord. Si è trattato di un percorso articolato in sei incontri da marzo a maggio, costruiti con un approccio laboratoriale, grazie al quale i contenuti di aggiornamento relativi alla normativa e alla prassi sono stati poi testati in esercitazioni di gruppo con il supporto di esperti.
I temi messi a fuoco dal corso hanno riguardato in maniera trasversale gli aggiornamenti normativi e applicativi dell’istituto della co-programmazione e della co-progettazione, le competenze e gli strumenti partecipativi, gli stili di leadership per la costruzione di strategie condivise per lo sviluppo locale. Ci si è poi concentrati sull’attuale quadro derivante dalle risorse del PNRR e la logica degli obiettivi che sottosta alla loro pianificazione anche per valutare il cambiamento sul territorio rispetto alle strategie trasformative in atto.
Il corso si è chiuso con una giornata di confronto e scambio con gli amministratori e il Terzo settore del territorio attorno al tema dell’attuale stato dell’arte in merito all’amministrazione condivisa, alle pratiche di co-programmazione e co-progettazione nel panorama toscano e alle possibili ulteriori piste di lavoro. L’iniziativa è stata accolta con entusiasmo dal territorio. Complessivamente sono state raccolte quasi 100 iscrizioni, di cui circa 45 provenienti dagli enti istituzionali del territorio e le restanti 50 dal mondo del Terzo settore (cooperative ed associazionismo).
Il grande interesse riscosso dal percorso sottolinea ancora una volta quanto sia attuale e cogente il tema dell’amministrazione condivisa e, nello specifico, degli istituti della co-programmazione e della co-progettazione così come definiti dall’art. 55 del Codice del Terzo Settore e dalla specifica legge regionale 65 del 2020. Si tratta in effetti di una possibile rivoluzione copernicana nell’intendere i rapporti tra amministrazioni locali e terzo settore, tale da far diventare questi istituti – come sottolinea la storica sentenza n. 131 del 2020 della Corte Costituzionale – «la chiave di volta di un nuovo rapporto collaborativo con i soggetti pubblici».
Ma quali sono le ragioni che rendono così interessanti queste prospettive di co-costruzione delle politiche territoriali? Si legge ancora nella sentenza n. 131: «Gli ETS, in quanto rappresentativi della ‘società solidale’, del resto, spesso costituiscono sul territorio una rete capillare di vicinanza e solidarietà, sensibile in tempo reale alle esigenze che provengono dal tessuto sociale, e sono quindi in grado di mettere a disposizione dell’ente pubblico sia preziosi dati informativi (altrimenti conseguibili in tempi più lunghi e con costi organizzativi a proprio carico), sia un’importante capacità organizzativa e di intervento: ciò che produce spesso effetti positivi, sia in termini di risparmio di risorse che di aumento della qualità dei servizi e delle prestazioni erogate a favore della ‘società del bisogno’».
Ragionare sui servizi in termini collaborativi significa, dunque, organizzare il welfare di territorio come una comunità, fidandosi del ‘di più’ che il legame sociale rappresenta e facilitarne espressione e crescita nel mentre che si cercano soluzioni a bisogni diffusi. È la logica inversa a quella che individua la soluzione alle fragilità nel ‘calare dall’alto’ servizi e trasferimenti monetari, proponendo la ‘fruizione’ o l’acquisto sul mercato di soluzioni al disagio, determinando inevitabilmente un depauperamento delle forme di solidarietà diffusa e di coesione.
La prospettiva dell’amministrazione condivisa, sebbene ormai consolidata nella normativa, si trova minacciata nella prassi, quando i soggetti territoriali seguono logiche che potremmo riassumere con l’adagio: «minor sforzo per massima resa» e quindi, inevitabilmente: «minor rischio, massimo utilizzo del già fatto, anche quando funziona poco». Organizzare percorsi formativi come “Collaborare si può” ci sembra, quindi, una strada necessaria da percorrere, per corroborare prassi, collegarle, farle diventare massa critica in modo da far maturare la fiducia in merito a questi nuovi strumenti di amministrazione condivisa.
Il fatto che si forniscano ulteriori strumenti di riflessione agli operatori delle pubbliche amministrazioni e del Terzo Settore è cosa utile, ma ancor più lo è creare occasioni di confronto su questioni pratiche ed estremamente concrete, misurarsi su casistiche, individuare soluzioni comuni che possano indicare percorsi anche per il futuro. In questo senso, una delle questioni più attuali nella riflessione dei partecipanti riguarda proprio la costruzione e gestione dei Tavoli, quel complesso insieme di competenze trasversali dalle quali spesso dipende il buon esito dei percorsi e la loro capacità di uscire dalla retorica per scendere nel campo della prassi di innovazione reale.
La Fondazione per la Coesione Sociale, ente strumentale di Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, agisce con convinzione su questa strada, nella consapevolezza che in questo paradigma rinnovato si possa giocare con maggiore efficacia anche il ruolo delle fondazioni e di tutti quegli enti terzi che giocano ruoli di ‘fiancheggiamento’ allo sviluppo territoriale e possono accrescere le logiche di sistema e le dinamiche di coesione.
*Direttrice della Fondazione per la Coesione Sociale. Articolo pubblicato sul numero 22 | 2023 della Rivista FCRL Magazine.